Nei circa cinquant’anni dal 1764 al 1815 Pavia e la sua università diventano centro di cultura europea: prima Maria Teresa d’Austria e, dal 1765, Giuseppe II  attuano una politica illuminata attraverso riforme amministrative e giuridiche fondamentali: Giuseppe II arriverà ad abolire la tortura (1772), la servitù ereditaria dei contadini (1782), la revoca dell’esenzione fiscale ai nobili. Di impatto ancora maggiore la politica decisa e radicale indirizzata a limitare i privilegi della Chiesa cattolica che vede tra l’altro, nel 1781, l’emanazione dell’Editto di Tolleranza con cui viene concessa libertà di culto a luterani e greco-ortodossi. Una politica antifeudale e giurisdizionalista – cioè volta a distinguere i poteri dello Stato rispetto a quelli della Chiesa che susciterà forti opposizioni in alcuni paesi dell’impero, ma non in Lombardia, dove le riforme legate alle idee illuministe, in particolare nel campo dell’istruzione daranno a Pavia risultati moderni e di importanza europea.

1764-1796 a Pavia

Grandioso fu il programma di potenziamento delle strutture didattiche, di ricerca e di riassetto edilizio, che ha dato alla sede dell’Università l’aspetto che essa ancora oggi conserva. Fra i docenti più famosi di livello europeo vanno almeno ricordati Lazzaro Spallanzani nelle scienze naturali, Lorenzo Mascheroni nelle matematiche, Alessandro Volta nella fisica, Antonio Scarpa nell’anatomia. Oltre a dare impulso alle discipline giuridiche, biologiche e mediche, Giuseppe II riforma la Facoltà Teologica pavese, facendone punto di riferimento per le scuole teologiche dei seminari lombardi. Tra le altre personalità di rilievo pavesi o con rapporti non accademici con Pavia va ricordato Giovanni Alessandro Brambilla nella chirurgia.

A partire dagli anni Sessanta un gruppo di giovani milanesi (Cesare Beccaria, Pietro e Alessandro Verri, Luigi Lambertenghi, Giuseppe Visconti di Saliceto, Giambattista Biffi, Gian Rinaldo Carli) ma con studi pavesi (molti tra cui Alessandro Verri e Cesare Beccaria si laureano in Diritto a Pavia) sulla scia delle teorie illuministe danno vita all’ Accademia dei Pugni e al periodico di maggior successo nel secolo, Il Caffè; Beccaria pubblica nel ’64 Dei delitti e delle pene, opera che fa da spartiacque nella storia giuridica e sociale non solo italiana;  Pietro Verri  scrive Le osservazioni sulla tortura che costituiranno l’avantesto di un’opera fondamentale di Alessandro Manzoni, la Storia della Colonna Infame.

1796-1815 a Pavia Dalla Repubblica Cisalpina al Regno d’Italia

Dalla campagna d’Italia Napoleone è mediatore tra Rivoluzione e Restaurazione: da un lato riporta l’ordine, ma contemporaneamente assicura in gran parte d’Europa il potere politico alle nuove forze sociali borghesi e elimina i residui feudali dello stato assoluto. Le riforme giuridiche con l’emanazione dei nuovi codici, civile e penale danno un contributo determinante all’ammodernamento del diritto. Si afferma decisamente l’idea di nazione. Dopo gli anni di reazione dei governi ai principi rivoluzionari di Francia  con conseguente arretramento su posizioni conservatrici e abbandono delle politiche riformatrici la ventata napoleonica suscita l’entusiasmo dei giacobini italiani. Dopo il rientro dell’Austria il panorama cambia rapidamente virando verso la repressione. La rinata repubblica Cisalpina vede anche la rinascita dell’Università di Pavia dove ancora operano i maestri degli ultimi decenni del Settecento (Alessandro Volta, che inventa la pila nel 1799, Antonio Scarpa e  Lazzaro Spallanzani) e sono presenti le nuove personalità della cultura: Vincenzo Monti e  Ugo Foscolo sulla cattedra di eloquenza e  Gian Domenico Romagnosi di diritto civile. Tra le altre personalità di rilievo pavesi o con rapporti non accademici con Pavia ricordiamo Giovanni Rasori, medico giacobino e Agostino Bassi che studiò Giurisprudenza a Pavia (sarà il primo a provare che una malattia infettiva è dovuta a un germe; ebbe influenza sullo sviluppo della teoria microbiologica delle malattie infettive  legata a Louis Pasteur e Robert Kock ).